Settimana lavorativa di 4 giorni
Quando nel 1997, l’allora presidente francese Jacques Chirac, mise a punto un programma per ridurre la settimana lavorativa da 39 a 35 ore, le aziende fecero opposizione. Lo Stato proponeva di assorbire la gran parte degli oneri fiscali e contributivi per regalare ai lavoratori più tempo libero, più qualità della vita e più possibilità di spendere. L’idea era che lavorando meno si sarebbe consumato di più con la conseguenza di aumentare il Pil e quindi, indirettamente, il fatturato degli stessi imprenditori.
Il dibattito divenne subito ideologico dividendo destra e sinistra fino a quando, nel 2002, le 35 ore diventarono una realtà a norma di legge. Le discussioni finirono e oggi, nessuno in Francia, pensa seriamente di tornare indietro.
La settimana «corta» in Spagna
Il 2021 è forse destinato a diventare l’anno zero per il mondo lavorativo, molte attività e molti settori usciranno da questa pandemia radicalmente cambiati e forse un giorno si parlerà di era pre e post covid. Ma il 2021 in Spagna verrà ricordato soprattutto per l’introduzione delle 32 ore di lavoro su 4 giorni.
Gli ostacoli saranno tanti, ma l’obbiettivo è lo stesso, più qualità della vita e più Pil. A proporre i 4 giorni di lavoro settimanali per l’intera Spagna è Más País, il piccolo partito di Iñigo Errejón, transfuga dell’Unidas Podemos del vicepresidente del governo Pablo Iglesias. I due erano amici fraterni, politologi appassionati e anime gemelle della sinistra antisistema. Poi il successo nelle urne e la gestione del potere li ha divisi. I 4 giorni di lavoro e le prossime sfide elettorali potrebbero tornare ad unirli. Il “dì qualcosa di sinistra” di Nanni Moretti vale anche per Más País e Unidas Podemos che da partiti di opposizione sono ormai entrati nelle stanze del potere, uno a livello regionale l’altro a livello nazionale. Una sorta di Movimento 5 stelle, per intenderci.
Meno inquinamento, più formazione e produttività
Il progetto dei 4 giorni di lavoro potrebbe diventare un cavallo di battaglia ideale su cui concentrare l’elettorato. Su Twitter, Errejón sottolinea l’aspetto storico del suo progetto. «Con la settimana di 4 giorni di lavoro, ci stiamo lanciando nel vero dibattito della nostra era. Il tempo per realizzare l’idea è arrivato». Nelle intenzioni della sinistra iberica, le 32 ore spagnole avrebbero ulteriori virtù rispetto alle 35 francesi. Primo, aiuterebbero a ridurre l’inquinamento e quindi ridurrebbero il cambiamento climatico. Secondo, permetterebbero la riqualificazione della forza lavoro che nel tempo libero potrebbe aggiornarsi meglio sull’uso delle nuove tecnologie. Terzo, risponderebbe al dilagare dell’Intelligenza artificiale nelle mansioni più ripetitive senza affossare il potere d’acquisto e quindi la domanda interna. Quarto, nelle parole dello stesso Errejón, «il maggior benessere e la miglior organizzazione della vita permetterebbe un aumento della produttività oraria che è la vera zavorra del lavoro in Spagna».
La sperimentazione
Il provvedimento a cui pensa il governo di Madrid è limitato ad un esperimento triennale su un numero ridotto di imprese. A disposizione dovrebbero esserci 50 milioni per aiutare le aziende desiderose di mettersi alla prova. I maggiori costi per le società sarebbero coperti al 100% il primo anno, al 50% il secondo e al 33% il terzo. A quel punto la ditta potrà valutare l’effettivo aumento della produttività individuale e la convenienza delle 32 ore settimanali sul proprio bilancio.